giovedì 25 giugno 2009

I pensieri di un tesserato

Riportiamo una mail pervenutaci, che esprime l'opinione personale di uno dei tesserati del pd locale (questo spazio online è anche loro):

Fare gli auguri in un momento di crisi del centrosinistra è sicuramente difficile, mi sono chiesto però, in tutta coscienza, quali sono le nostre responsabilità di fronte a questo crollo regionale, provinciale e locale, ho guardato indietro e mi sono reso conto che tutto quello che era il nostro patrimonio frutto del lavoro, delle fatiche, della lungimiranza, del sacrificio di migliaia di donne e uomini è andato disperso tra i rivoli del nostro personalismo. Tanti, troppi e tutti i giorni bacchettano quando le cose vanno male, tanti, troppi avvoltoi aleggiano, con lo stesso impegno con cui si critica, con lo stesso impegno bisogna lavorare per un PD migliore e unitario, perché l’appartenenza al partito o ad un’idea dovrebbe essere sempre valida e non a tempo, perché il PD c’era anche qualche mese fa, ci sarebbe da domandarsi chi ha remato contro nel passato e non solo adesso e quali sono o erano le motivazioni.
Questi comportamenti contribuiranno, se non li freneremo, a ritardare la nascita di un reale progetto alternativo alla destra, che sembra meglio attrezzata a rispondere alle paure, alla crisi economica e sociale.
La destra propone di difendere l'ordine esistente e le poche certezze sopravvissute, le sinistre non sembrano rappresentare una reale alternativa di metodi, di proposta, non riescono a farsi percepire come portatrici di un nuovo ordine che potrebbe portare più sicurezza, più stato sociale, più giustizia economica, più libertà dal bisogno e dalla paura.
Martinsicuro, non sfugge alla regola.
Per queste motivi pur comprendendo le ragioni di legittima soddisfazione di parte o di partito, non riesco ad essere soddisfatto per un risultato che a Martinsicuro premia Berlusconi e le sue appendici locali, ma non pone ancora, se non dialoghiamo le premesse per una alternativa futura. Le opposizioni, infatti, sono distanti e distinte. l'Idv il Pd potranno rappresentare, da sole, l'unica alternativa.
Non resta che la strada, lunga e faticosa, della politica, intesa come capacità di mettere insieme forze politiche e sociali, di individuare un progetto comune, di studiare nuove forme di coordinamento e di azione comune, almeno su alcuni grandi temi, tra tutte le forze di opposizione che siano presenti in comune o no, o almeno tra quelle che vogliono tentare di costruire una alternativa di governo futuro e non solo una testimonianza, sia pure nobile, contro il duopolio Di Salvatore -Vallese.
Il cui unico obiettivo, è quello di ridurre al minimo il dissenso delle opposizioni, ma soprattutto di cancellare la rappresentazioni dei conflitti sociali, il crescente malessere, il degrado culturale e politico, e le loro incapacità, cercando di coprire tutto questo con strombazzanti annunci su un giornale compiacente.

La fase attuale è, per contro, di rapido e rovinoso smottamento del rapporto di fiducia tra la democrazia rappresentativa e masse crescenti di cittadini, molti dei quali sfiduciati e preda di ogni ventata demagogica e distruttiva. Potremmo attardarci ad analizzarne le cause, capire quali sono state le realizzazioni sottovalutate e gli errori non perdonati del governo Prodi e di tutti gli altri governi Regionali, Provinciali e comunali (il maggiore dei quali, è stato quello di sostenere ad ogni occasione che l' elettorato è destinato a capire domani, forse fra qualche anno, la giustezza delle cose di cui oggi si lamenta). Si potrebbe elencare, inoltre, le ancor più gravi pecche in cui sono incorsi i partiti (culminate da ultimo in un impeto suicida nell' apertura delle porte del Festival dell' Unità all' appello squadristico di Beppe Grillo per la distruzione di ogni partito presente e futuro, tranne ovviamente il suo). Qui ed ora urge, però, ben altro che acute disamine politologiche. Urge prendere atto di una situazione, confermata da tutti i sondaggi «c' è un crescente rifiuto di questa politica, di questi partiti, di questi uomini politici» e se gli appelli di Beppe Grillo e delle varie liste civiche, danneggiano solo il centro sinistra e fanno ben contento Berlusconi «che da 15 anni fa politica in nome dell' antipolitica», ebbene questo desolante quadro è il frutto non di una mutazione antropologica che ha reso il popolo di sinistra refrattario ai valori della politica ma della delusione amarissima per il degrado etico, la pochezza, la litigiosità, l' incoerenza, la presunzione, l' arroganza, la protervia. Questo ha sovente anche cancellato la percezione della differenza, nell' azione pratica e persino nelle parole, tra destra e sinistra. Eppur tuttavia c' è ancora una possibilità reale di riscossa. Non è affatto detto che almeno la metà degli italiani, che ha votato centro sinistra nelle ultime elezioni politiche e amministrative, sia perduta per sempre o stia passando armi e bagagli nel campo di Berlusconi , Beppe Grillo o di liste pseudo civiche, uniti sotto spoglie diverse in un unico disegno.L' elettorato potenziale del Pd è molto più ampio di quello attuale. La componente dei «democratici indecisi» è costituita in larga misura (40%) da elettori incerti «se» e «per chi» votare... sulla soglia che separa speranza e delusione». Ecco, dunque, il campo dove il PD dovrebbe giocare la sua partita, con rapidità, spregiudicatezza, coraggio: la crisi attuale della politica e la necessità urgente di rifondarne il messaggio.



Tutto questo contrasta con la credibilità. E credibilità vuol dire, in una parola, porsi il problema del costruire. Del costruire, della sua fatica, del senso del tempo necessario, del mettere insieme quel che è da conservare e del mettere da parte quel che è da lasciare. Lavoro lungo, che non prevede scorciatoie. Solo quando cominceremo a farlo potremo risultare credibili al punto da ispirare fiducia, impegno, suscitare speranza, passione, produrre comunità. Per questo ci servirà ben a poco la stanca ritualità di una lettura del voto tutta rinchiusa in una dimensione domestica e di confine, dalla quale far discendere posticce strategie che durano lo spazio breve che ci separa da qui alle prossime elezioni. Poniamoci invece le domande giuste e nei luoghi giusti, e su quelle lavoriamo nella direzione non di un tattico posizionamento ma verso la ricerca di una prospettiva strategica. Il PD si può delineare solo partendo da qui, senza scorciatoie unitariste né trasmigrazioni verso contenitori sempre in attesa di contenuto politico. Ci sono alcune cose che dobbiamo cominciare ad avviare subito, senza perdere un minuto di tempo, pur sapendo che il cammino sarà lungo.
Primo, cura e cultura del territorio. Dobbiamo praticare una politica che abbia insieme la capacità di una cultura universalista dello sguardo sul mondo e il radicamento territoriale del PD che vogliamo. C’è bisogno di costruire una cultura anche territoriale, capace di tessere legami nuovi con le aree e i luoghi della crisi, marcare una presenza e una visibilità costante. Questo vuol dire costruire organizzazione di Sedi, reti, adesioni, che siano prima di tutto occasione di politica e costruzione di un’agenda dei problemi del territorio.
Secondo, lavorare per temi. Se la tastiera della politica è ampia e complessa, è necessario stare quotidianamente sui temi del giorno con il proprio profilo e punto di vista.
Terzo, un luogo di produzione di cultura politica. Tra le tante cose che oggi mancano, quella più importante è l’assenza di una teoria. Una teoria, cioè una certa spiegazione degli eventi, dei fatti. E i fatti accadono, scuotono, sradicano e subito sembrano sparire nella nostra indifferente capacità di assimilarli, di filtrarli, di creare idea del mondo e senso comune delle cose. Un lavoro quasi tutto da costruire, ma non da rinviare.
Quarto, una strategia per le risorse materiali. Sappiamo il peso e le dimensioni dei costi della politica, come vediamo l’insorgere di degenerazioni. Una buona politica si accompagna a moralità e sobrietà, senza effetti speciali. Dobbiamo rivolgerci ai giovani, alle donne e agli uomini che aspettano una nuova speranza dicendo loro che ciò che può renderla possibile sta nella partecipazione di ciascuno, in un nuovo impegno e in una nuova responsabilità di ogni singolo soggetto e in un sostegno che può essere chiesto e dato, sulla base di un progetto riconosciuto, affinché anche qui si misuri quella autonomia che rende un forza politica libera di essere se stessa.
Quattro cose che occorre avviare ora, che richiederanno tempo e impegno per produrre fatti, sostanza, dentro un cammino che non potrà che essere lungo, come lunga è la crisi da cui proveniamo.

Non dobbiamo scandalizzarci delle divisioni se possono essere occasioni di dialettica arricchita, nuova, anche aspra e non spartizione “fra poveri” abbiamo bisogno dell’impegno di tutti, di un’alleanza che sia partecipe dei grandi cambiamenti di cui abbiamo forte necessità. Già da oggi si è aperta la lunga marcia verso il Congresso Nazionale del PD, mi auguro e auguro che non sia la stagione dei lunghi coltelli, dei personalismi, dei veti incrociati ma sia la stagione del risveglio, della partecipazione, dell’aggregazione, dell’inclusività. Se pensassimo di ripartire dall’illusione che un buon capo faccia la resurrezione, cadremmo nei sillogismi della destra che funziona solo per la destra. Gli elettori, i cittadini sono delusi da noi, che abbiamo avuto la possibilità di governare e abbiamo rinunciato a farlo per i nostri inciampi e ingombri. Via tutti dalle poltrone e tutti al lavoro sui temi veri della politica. Altrimenti la mia scelta e quella di molti altri sarà da un’altra parte, quella della politica della vita.

L’importante è non parlare politichese, essere sinceri con gli elettori.

Basta chiudersi nelle torri, nei bar a darsi una rappresentatività che non c’è. Dobbiamo essere limpidi, dire tutto ai cittadini.

Loro poi ci premieranno, col voto e con il loro supporto anche quando i mezzi di comunicazione in mano alla destra saranno contro di noi”. I risultati non arriveranno subito e noi siamo all'inizio di un lungo cammino e come tutti i più grandi partiti attraverseremo vittorie e sconfitte, ma non ci fermeremo e soprattutto non ripeteremo gli errori del passato.
Abbiamo bisogno di un confronto virtuoso di idee, ma, mai più , una litigiosità fine a se stessa".

Se vogliamo porci con serietà e ripartire dal voto ottenuto con lo sforzo di tutti, dobbiamo provare a farlo in un grande lavoro comune.

Dorothy, portata dal tornado nella terra di Oz, si guarda attorno un po’ stupita prima di pronunciare la nota frase: “Ho la sensazione che non siamo più in Kansas”. Questo è il problema, infatti. Dove siamo? Siamo dentro la sindrome di un lungo spaesamento. Per uscirne non serve correre, basta camminare verso la giusta direzione.



Marcello Renzi




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